Cronaca
2 Giugno 2021
Sentiti a processo la mamma e il nonno di Pierpaolo Alessio, il 23enne che nel novembre 2019 picchiò e cagionò la morte di Maria Luisa Silvestri

Uccise la nonna. La madre: “Sguardo e atteggiamento cambiavano improvvisamente”

Maria Luisa Silvestri
di Daniele Oppo | 3 min

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Maria Luisa Silvestri

La vittima Maria Luisa Silvestri

Frequenti e repentini cambi d’umore, episodici scatti d’ira e violenza, “il sospetto che ci fosse qualche problema” e qualche tentativo di far intervenire degli specialisti. Ma fino alla sera del 20 novembre 2019 Pierpaolo Alessio non aveva fatto del male a nessuno, almeno fisicamente, non a sua nonna, che gli aveva fatto quasi da mamma.

Eppure quella sera, quello “sguardo e l’atteggiamento” che “cambiavano improvvisamente” – come ha detto la madre di Alessio rispondendo alle domande della pm Barbara Cavallo nell’udienza di martedì 1° giugno davanti alla corte d’assise di Ferrara – si sono rivolti fatalmente contro Maria Luisa Silvestri, la nonna che poco prima lo aveva portato a mangiare la pizza nel locale gestito proprio dalla madre e da suo marito.

Picchiata, prima in strada vicino al McDonald’s di via Modena – come raccontato da una giovane madre, che ha visto Alessio dare un pugno alla nonna e poi trascinarla prendendola per le ascelle – e poi in auto, dove un’altra testimone lo ha visto colpire l’anziana fino al semaforo “vicino allo Zabov”.

Lì è intervenuto il cognato della testimone, carabiniere residente poco distante e che lei stessa è andato a prendere in auto dopo aver visto la scena, che ha fermato l’auto, bloccato Alessio e che poi, dopo l’intervento di un altro uomo, si è occupato di prestare il primo soccorso all’anziana vittima, ormai quasi priva di coscienza e con il naso rotto.

Ma quei cambi d’umore improvvisi, sfociati anche in episodi violenti contro le cose e anche contro se stesso – “una volta o due è capitato che lanciasse gli scatoloni della merce in pizzeria, ha dato un pugno a una porta, una volta l’ho visto darsi delle sberle in faccia da solo”, ha raccontato ancora la madre – e il ritorno altrettanto improvviso alla normalità spiegano forse anche perché il giovane 23enne, alla sbarra con l’accusa di omicidio aggravato (assistito dall’avvocato Pasquale Longobucco), non ricordi nulla del momento più significativo e tragico della sua vita, che pure deve fare i conti con la tragica scomparsa del padre, deceduto nel 2018 in un incidente stradale, investito da un’automobile.

La madre ha raccontato che il figlio fece una seduta dallo psicologo che non ravvisò però la necessità di un percorso ulteriore e poi di aver provato “a chiedere aiuto in via della Ghiara” (dove c’è il centro di salute mentale, ndr) e di aver chiesto anche ai carabinieri: anche su loro consiglio chiamò l’ambulanza il giorno in cui Alessio lanciò gli scatoloni in pizzeria, ma all’arrivo dei sanitari il giovane si era già ripreso e tranquillizzato e rifiutò il ricovero. Così come rifiutò in generale di sottoporsi a una visita specialistica in altre occasioni.

L’assise ha ascoltato anche il nonno di Alessio, che lo ha riaccolto in casa ai domiciliari, e ha tentato di smorzare  i contrasti precedenti tra lui e il nipote, sfociati anche in un processo per estorsione (e in una condanna in appello a 2 anni e mezzo), perché il giovane chiedeva sempre soldi, con insistenza e alzava la voce, per sigarette, figurine, vestiti. Probabilmente anche per la marijuana che ogni tanto consumava.

E anche se la giustizia ha il suo corso da percorrere, la sensazione è che nessuno abbia intenzione di aggiungere ulteriore peso a una tragedia personale e familiare che nulla ha a che fare con la criminalità, anche per non rovinare il percorso di riabilitazione del 23enne, oggi assistito dal punto di vista psico-sociale, seguito dalla famiglia e con la possibilità da poco concessagli di lavorare tre giorni a settimana.

Si ritorna in aula il 17 e il 30 giugno per concludere la fase istruttoria.

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